sabato 19 dicembre 2015

I successi elettorali della FISMIC



PROSEGUONO I SUCCESSI DELLA FISMIC CONFSAL DI ROMA ALLE ELEZIONI RSU


Importanti successi della Fismic di Roma nelle elezioni RSU in Capgemini e Lottomatica due delle aziende più importanti dell’area romana.

Dopo lo straordinario successo "estivo" di Fismic Roma in Consip (primo sindacato, con tre delegati su sei eletti), proseguono le aziende del territorio romano in cui si conferma la presenza della nostra rappresentanza.

In Capgemini spa la Fismic è il secondo sindacato dove, pur avendo aumentato considerevolmente il numero dei consensi, manca per soli 2 voti il terzo delegato (confermando, quindi, il precedente numero dei delegati).

Anche in Lottomatica spa la Fismic è il secondo sindacato conquistando, con 260 voti, 4 delegati (rispetto ai 276 della Fiom che ne ha presi 5) e a differenza della Uilm che con 157 voti prende tre delegati e la Fim che con 7 (sette) voti non ne conquista nessuno. Appartiene, inoltre, alla Fismic il candidato più votato (129 voti) fra le quattro liste.

Questi importanti risultati sono testimonianza, se ancora ce ne fosse bisogno, del radicamento della Fismic di Roma su un territorio dove la competitività fra le organizzazioni tradizionali è ancora molto alta e dove, sempre più spesso, si ravvisa l’esigenza di una presenza negoziale in grado di fare la differenza.

La Fismic di Roma ringrazia tutti i suoi candidati, i suoi elettori, tutti i componenti delle due commissioni elettorali e tutti quei lavoratori che hanno deciso di partecipare ad un evento importante come è l’elezione dei rappresentanti sindacali.

Grazie di nuovo a tutti!


Roma 17.12.2015                                     Fismic Confsal Roma



Fismic Confsal Roma Via Fabrizio Luscino,114/116
Fax Tiscali 1782706428 Fax 06 76983379 Tel. 06 76906036
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lunedì 26 ottobre 2015

CONSIDERAZIONI SU: RELAZIONI INDUSTRIALI E JOBS ACT

di SILVIO BATTISTINI
www.fismicroma.org

La prima considerazione che mi viene da fare sul tema delle relazioni industriali è che, nel nostro paese, il “dibattito” continua ad oscillare fra un  ideologismo ed un provincialismo delle parti che ne condizionano fortemente lo sviluppo e che, in un contesto di mercati globalizzati come è l’attuale, mette in evidenza, in maniera impietosa, gravi e sempre più numerosi segnali di criticità, a cominciare dalle spinte al decentramento dei sistemi contrattuali ed a quelli che potremmo definire veri e propri tentativi di progressiva rottura del quadro di regolazione nazionale.

Le recenti dichiarazioni del presidente di Confindustria Squinzi sul rinnovo dei contratti nazionali e le risposte di parte del sindacato vanno infatti, almeno per il momento, in direzione di una progressiva, ulteriore, rottura del quadro anziché in direzione di una sua ricomposizione.

Il problema è tuttavia troppo serio per ridurlo alla sterile contrapposizione fra chi – le aziende – chiedono di rifare le regole e poi rinnovare i contratti o chi, come il sindacato, chiede di fare esattamente il contrario; ciò determina, inevitabilmente, una situazione di stallo ed un progressivo evidente indebolimento dell’intero sistema di relazioni anche in virtù dei profondi cambiamenti intervenuti nella composizione del mercato del lavoro, della fine del modello fordista e della rapida evoluzione delle tecnologie della comunicazione che hanno fatto emergere nuove figure professionali – altamente professionalizzate – che, crescendo di numero e di importanza, hanno acquisito una centralità che, una volta, era della classe operaia.

In Italia così come in tutto il mondo occidentale, gli effetti combinati della globalizzazione, del liberismo, delle delocalizzazioni e della deregulation hanno prodotto flessibilità, indebolimento del sistema dei diritti e riduzione complessiva del peso del sindacato, nel tentativo di confinarlo sempre più in una logica aziendale per costringerlo, spesso, a clausole derogatorie degli accordi ed a concessioni, spesso molto dure, richieste in cambio di una salvaguardia dell’occupazione.

Una situazione così complessa imporrebbe la capacità di mettere realmente al centro di un nuovo sistema di relazioni industriali le implicazioni della globalizzazione, dell'innovazione tecnologica e della crisi economica sapendo, tuttavia, che si può correre il rischio di andare oltre le variabili lavoristiche e sindacali “sconfinando” nella politica e ben sapendo che non è con le leggi che si genera occupazione ma con una politica industriale e con investimenti attenti nei settori trainanti dell’economia e che eventuali esigenze di flessibilità vanno ricercate ponendo al centro aspetti nuovi come competenze, orari, professionalità ecc. avendo però, le parti, l’accortezza di guardare avanti visto che, come è evidente, i cambiamenti di oggi non possono essere affrontati con gli strumenti del passato.

Paradossalmente ciò genera, in taluni, l’idea che il sindacato possa/debba trasformarsi in soggetto politico o, in altri, che possa/debba diventare un attore istituzionale dimenticando che esso, invece, ha una sua specificità che non ha nulla a che vedere con il ruolo, la struttura, i compiti di un partito/ movimento politico in quanto le logiche della politica sono profondamente diverse da quelle del sindacato che deve restare un soggetto sociale autonomo capace di contrattualizzare la domanda sociale attraverso l’utilizzo costante del metodo negoziale.

La questione dell’autonomia, di una rigorosa autonomia dalla politica, deve, infatti, impedire che prevalgano logiche di schieramento che possono ridurre l’azione sindacale ad un innaturale schema bipolare “destra – sinistra” alimentando la contrapposizione radicale fra diversi modelli sindacali (conflittuale e partecipativo) e favorendo, da un lato, la pratica degli accordi separati e, dall’altro, la conflittualità fra le organizzazioni.

In un’epoca di grande cambiamento come è l’attuale, le parti sociali dovrebbero saper fare i conti con una rappresentazione certa del lavoro, ma anche con le modalità nuove con le quali si pone, oggi, la concezione della tutela collettiva fatta, ancora, attraverso i tradizionali strumenti di lotta.

Non vogliamo, in questa sede, entrare nel merito di questioni relative alla efficacia dei diversi strumenti perché ciò necessiterebbe una discussione profonda di tutto il sindacato per la quale, ad oggi, non  c’è alcuno spazio.

Usiamo, tuttavia, questa argomentazione per far capire che, a nostro avviso, è l’intero sistema delle regole che andrebbe ridiscusso prevedendo con chiarezza, oltre alla definizione dello spazio riservato al sindacato, anche la possibilità di introdurre meccanismi sanzionatori nei confronti di chi, le regole, pur avendo contribuito a scriverle ha l’abitudine di non rispettarle anche approfittando di una incomprensibile ignavia, a volte più che evidente, di talune aziende e/o di associazioni datoriali.

Facciamo un esempio le norme del testo unico sulla rappresentanza sottoscritte in accordo con Confindustria e definite, non si sa bene perché, storiche mostrano, in modo fin troppo evidente, una grande paura del pluralismo 8e quindi dell’unità) e, in ultima analisi, proprio di quella parte del dettato costituzionale (art. 39) che consente ad ogni lavoratore di farsi rappresentare da chi vuole indipendentemente dalla firma del contratto visto che l’organizzazione sindacale – dice la nostra Costituzione - è libera e ad essa “non può essere imposto altro obbligo se non la sua registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”.

La Costituzione non dà, infatti, spazio alcuno a forme di autoreferenzialità mentre l’accordo punta ad esibire una concezione “proprietaria” della rappresentanza e della contrattazione collettiva mostrando la confusione che ancora permane, nonostante tutto, in ordine ai criteri ed alle modalità di formazione della rappresentanza.
Nasce da qui la frammentazione del sistema della rappresentanza sindacale che contribuisce alla creazione di una miriade di piccoli sindacati, spesso corporativi che appaiono privi di controllo e di guida ed i cui nefasti effetti si fanno sentire soprattutto nelle categorie che svolgono servizi di pubblica utilità.

Ma - potremmo dire - se Sparta piange, Atene non ride visto che gli effetti di tale situazione coinvolgono non solo il sindacato ma anche parte delle associazioni datoriali come dimostra l’uscita dal sistema confindustriale della Fiat che ha indebolito il sistema di rappresentanza complessiva delle imprese proponendosi come un nuovo paradigma che, inserendosi in un quadro molto frantumato, può risultare più facilmente permeabile da una esperienza di “livello” come quella Fiat.

La vicenda Fiat ha messo in evidenza una crescente divaricazione  fra un “sindacato partecipativo” disponibile a negoziare di continuo  con le aziende  ed un “sindacato conflittuale” che accende il conflitto prevalentemente su basi ideologiche spinto a ciò da esigenze di natura mediatica il che mettono in risalto il fatto che, in assenza di regole certe ed esigibili da tutti, i comportamenti di ciascuno possono essere dettati da esigenze congiunturali che appaiono sempre più privi di una qualche prospettiva strategica.

Non è, dunque, un caso se esiste, ed è forte, il timore di analoghi comportamenti da parte di Finmeccanica, di Ferrovie, ecc. che dovrebbero indurre le parti sociali a chiedersi, retoricamente, quale sarebbe l’effetto di questo ipotetico abbandono sul già disastrato sistema di relazioni industriali nel nostro paese ?

Una Confindustria che perdesse di rappresentatività farebbe , infatti, il paio con un sindacato che rinunciando a riformarsi perdendo anch’esso di rappresentatività contribuirebbero enormemente alla desertificazione delle relazioni industriali.

Il quadro, pur così sommariamente descritto, fornisce peraltro un’idea delle conseguenze dirette di questa situazione sulle tutele, sulla loro trasformazione e sull’insorgere di nuove esigenze che, non sempre, il sindacato confederale riesce a comprendere per quello che sono non essendosi mai posto, seriamente, il problema  del passaggio da un sistema di tutele tradizionali fondate sulle garanzie, a nuove tutele fondate sulla partecipazione e sul coinvolgimento come dimostrano le vicende legate all’art.18.

Ad ulteriore dimostrazione delle difficoltà del momento basti pensare che il punto di maggiore frizione fra le parti sociali è quello, cosiddetto, della riforma della contrattazione e del ruolo del contratto nazionale che, in momenti di bassa inflazione, perde di importanza consigliando alle parti di premiare la produttività, l'efficienza e il contributo diretto che i lavoratori, danno alla redditività dell'impresa pur mantenendo il ruolo generale e centrale del CCNL che definendo regole, universali ed inderogabili, sia comunque capace indirizzare la maggiore  produttività verso il lavoro.

Il problema è, comunque, quello di riuscire a confermare un modello di assetti contrattuali basato su due livelli, capaci di esprimere l’essenziale esigenza di avere un sistema di relazioni sindacali e contrattuali regolato e quindi in grado di dare certezze riguardo ai soggetti, ai tempi ed ai contenuti della contrattazione collettiva attraverso l’attuazione ed il rispetto delle regole.
Torna, dunque, all’attenzione delle parti il problema delle regole che non si risolve finché c’è chi, nel sindacato, pensa di farsi corrente politica o, al contrario, attore istituzionale.
Del tutto evidente appare, in questo quadro, il rapporto di consequenzialità tra questa ipotesi  di riforma del sistema contrattuale ed una visione che sia in grado di passare alla costruzione di nuove forme di tutela (per esempio la tutela come opportunità) per raccogliere e rappresentare  le quali occorrerebbe, tuttavia, un sindacato che fosse in grado di formulare un nuova, autonoma, teoria dell’azione sociale dalla quale il sindacato confederale è ancora molto lontano.

Se, tuttavia, ci focalizziamo solo sulle regole rischiamo di perdere di vista la profondità delle trasformazioni produttive e, in particolare, il valore da assegnare al lavoro.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                         Basta pensare che se ci sono organizzazioni sindacali confederali che chiedono alle aziende l’impegno formale a non utilizzare il Jobs Act non possiamo fare a meno di riflettere anche sul fatto che ci sono aziende che tali accordi li sottoscrivono; sottoscrivono, cioè, l’impegno a non applicare una legge dello Stato, il che è sicuramente, paradossale in quanto indica che il problema del rispetto delle regole e delle leggi non riguarda solo il sindacato.

Ma veniamo ad una valutazione d’insieme sul Jobs Act su una legge, cioè, che fin dal suo annuncio ha ricevuto molte critiche e che oggi è ancora, purtroppo, un terreno di scontro ideologico più che un confronto reale di idee.

Se assumiamo il punto di vista del confronto reale sulla legge potremmo scoprire, finalmente, che la flessibilità è diversa dalla precarietà e che essa può e deve essere contrattata, che l’idea del lavoro vissuto come percorso di crescita professionale più che come posto fisso ha, oggi, una dimensione centrale nelle aspirazioni delle persone ecc. “facendoci scoprire” che alcuni dei vecchi tabù sul lavoro si sono trasformati e che occorre affrontarli con grande franchezza proponendone una modifica meno vincolistica e più responsabile.

Il Job Act è, intanto, un tentativo - quanto riuscito lo vedremo con il tempo - di risistemare, in Italia, la legislazione del lavoro e, al di là del risultato, non si può non dire che non ce ne sia bisogno; la complessità del tema obbliga, tuttavia, ad una riflessione ampia, verificata e verificabile, anche sulla base di dati statistici, quindi, non è bene dare spazio né a visioni troppo ottimistiche né a visioni catastrofiche.

Personalmente sono convinto che molte delle valutazioni negative che accompagnano la trasformazione in atto sono generate dalla incapacità/non volontà delle parti di rimuovere i reciproci veti e le rassicuranti certezze per sfuggire alla realtà dei fatti rifugiandosi nell’alveo, più rassicurante, delle discussioni accademiche.

Per ciò che riguarda più da vicino il sindacato esso dovrebbe essere in grado di entrare nei processi economici, politici e sociali con l'intenzione di prevederli, anticiparli e gestirli poiché, come già detto, non basta una legge per affrontare i cambiamenti a cui siamo messi di fronte, bisogna pensare che senza una visione, adeguata e coerente, del lavoro sulla quale costruire il futuro si rischia di erigere enormi edifici privi, però, delle necessarie fondamenta.
In tal senso potremmo dire che il Job Act è solo un primo passo, anche se complesso ed articolato, di un processo di trasformazione della legislazione del lavoro italiana che, tuttavia, avrebbe bisogno di comportamenti coerenti e conseguenti delle parti sociali e del Governo.
Prendiamo, ad esempio, la vicenda cosiddetta dei contratti di ricollocazione attraverso i quali si sarebbe potuto tentare di innescare un circuito virtuoso tra le diverse forme di sostegno al reddito e le disponibilità effettive delle persone ad un nuovo lavoro in un quadro di, cosiddette, politiche attive del lavoro.

Nella sua stesura finale questo strumento è, purtroppo, scomparso mentre avrebbe potuto essere un modo molto efficace per dotare, finalmente, il mercato del lavoro di servizi finalizzati a favorire l’incontro fra domanda e offerta, attraverso una cooperazione stretta tra i Centri per l’impiego pubblici e le imprese che, in questo campo, possiedono, sicuramente, il migliore know-how specifico.

Nei decreti attuativi del Job Act sono contenute, inoltre, rilevanti novità in materia di ammortizzatori sociali per quanto attiene, ad esempio, la necessaria razionalizzazione della cassa integrazione che ne esce depotenziata (nella limitazione delle causali e della durata)  a vantaggio dei contratti di solidarietà resi più appetibili non solo per evitare i licenziamenti ma anche per incrementare l’occupazione creando un contesto di novità importanti che fanno giustizia di anni di un uso, quanto meno abnorme, di strumenti di sostegno al reddito anche se non contengono tracce di politiche pubbliche finalizzate a dotare il paese di una capacità di respiro strategico, progettuale e sistemico specialmente nei settori ad alta ed altissima tecnologia affrontando in tal modo solo un corno del problema.

Per concludere penso che si possa dire che in termini di politiche del lavoro il Jobs Act rappresenti, comunque, una vera e propria rivoluzione copernicana i cui effetti andranno valutati e misurati, nel tempo, anche sul piano di ciò che produrrà nei rapporti fra le organizzazioni sindacali e fra questi e le organizzazioni datoriali. Il Job Act determinando un quadro di riferimento del tutto nuovo, esigerebbe una nuova cultura delle relazioni industriali capace di coinvolgere sia le imprese che le organizzazioni sindacali in un equilibrato modello di convivenze e di relazioni sia dentro che fuori il lavoro  rispetto al quale bisognerà, al più presto possibile, aprire una riflessione coraggiosa che, tuttavia, resta, in un sindacato sostanzialmente incapace di riformarsi, ancora assai lontana.


 Roma 26.10.2015                                                              Silvio Battistini
                                                                                    Segretario Generale

                                                                                    Fismic Confsal Roma


martedì 13 ottobre 2015

Il nuovo sito ufficiale FISMIC Roma

Nella nuova realtà globalizzata, 
caratterizzata da una forte componente relazionale fra network di "portatori di interesse" (stakeholder), la comunicazione diventa sempre più un elemento "a valore aggiunto", nel raggiungimento di risultati.

Anche il sindacato non può esimersi dall'adottare nuove logiche comunicative, che vedano l'utilizzo di strumenti "web 2.0", finalizzati a garantire la più ampia diffusione, anche in rete, delle informazioni attinenti alle logiche di tutela del lavoro.
Nasce così il nuovo sito ufficiale di FISMIC ROMA, "il TUO sindacato in rete":
                                             www.fismicroma.org

Il sito, oltre a presentare le attività di FISMIC ROMA, vuole mettere in evidenza la presenza della FISMIC sul territorio romano, oltre alle "connessioni" della struttura con progetti innovativi, anche di ordine sociale, quali ad esempio la mediazione civile ed il counseling.

L'invito, per tutti, è quello di partecipare, di rendersi parte attiva nella vita delle aziende, e di costruire un nuovo modo di comunicare.

Scriveteci!!!! a redazione[at]fismicroma.org


ELEZIONI RSU IN CAPGEMINI

VOTATE PER LA LISTA FISMIC CONFSAL
il sindacato che fa la differenza

Fra alcuni giorni i lavoratori e le lavoratrici Capgemini Italia spa di Roma saranno chiamati a votare per il rinnovo della RSU.
Ad essi chiediamo, prima ancora di un voto alla Fismic, di votare contro l’integralismo di coloro che, come ad esempio la Fiom, tentano di negare qualsiasi forma di pluralismo in azienda e, per fare questo, puntano a delegittimare tutte le posizioni diverse dalla propria.
La Fismic, a differenza della Fiom, è una di quelle organizzazioni che, con molto senso di responsabilità e con il necessario pragmatismo, si è assunto l’onere di sottoscrivere, con l’azienda, il nuovo contratto integrativo dopo che essa aveva, unilateralmente, dato disdetta di tutti gli accordi aziendali.
La Fiom non firmò l’accordo ritenendolo, bontà sua, un cedimento ai voleri dell’azienda ma dopo di ciò si è ben guardata dall’organizzare iniziative che restituissero ai lavoratori Capgemini Italia “il maltolto”.
Dalla firma separata apposta sull’integrativo è, comunque, scaturito un primo importante effetto: la salvaguardia dei livelli occupazionali e la nascita di una struttura in grado di attivare una operazione di reskilling legata ai mercati che, tuttavia, ha un bisogno vero e forte sia di manutenzione continua che di tutte quelle correzioni che possono rendersi necessarie per far divenire questo strumento ancora più efficacie nel recupero di risorse alla produzione.
Alcune storture evidenti ci sono e bisogna, infatti, correggerle in fretta per evitare la marginalizzazione progressiva delle risorse ben sapendo che non tutto ciò che non va dipende dall’inadeguatezza tecnologica dei soggetti.
Può essere, infatti, che parte dei problemi siano legati ad un clima aziendale che non riesce a fare dell’inclusione la sua politica principe grazie ad un reticolo di interessi personali e di gruppi che sarebbe bene verificare meglio e di continuo perché essi rischiano di produrre emarginazione e, alla lunga, possibili effetti negativi anche sul piano occupazionale.
Per questa ragione la Fismic Confsal attiverà, già nei prossimi giorni, una indagine del clima aziendale della quale, naturalmente, renderà pubblici i risultati, rendendosi fin d’ora disponibile ad un confronto anche con l’azienda.
Ci sono altre questioni (vedi, ad esempio, l’indennità di lavoro disagiato) che vanno riprese e portate a compimento.
La Fismic chiede il vostro voto per continuare a lavorare, unitariamente, nelle direzioni indicate assumendo la sua responsabilità di soggetto autonomo in grado di contrattualizzare la domanda sociale.


Roma 12.10.2015                                        Fismic Confsal Nazionale

lunedì 5 ottobre 2015

Convegno 14 Ottobre 2015


Accordo Storico?


Una intesa storica?

Tutt’altro che storico appare l’accordo sulla rappresentanza sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confsal con Confindustria.
Esso ci sembra, più che altro, un accordo che lascia allibiti per gli effetti devastanti che può produrre e per la leggerezza con la quale sembra essere stato stipulato.
Questo accordo mostra, in modo fin troppo evidente, che ancora una volta Cgil, Cisl e Uil hanno avuto paura del pluralismo e, in ultima analisi, proprio di quella parte del dettato costituzionale (art. 39) che consente ad ogni lavoratore di farsi rappresentare, con efficacia, da chi vuole.
L’organizzazione sindacale – dice la Costituzione - è libera e ad essa “non può essere imposto altro obbligo se non la sua registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”.
Invece con questo accordo Cgil, Cisl, Uil tentano, nuovamente, di esibire una concezione proprietaria della rappresentanza e della contrattazione collettiva che non sappiamo se definire più arrogante o ingenua; sicuramente esso è tale da costringere altri (p.e. Ugl e Confsal) a sottoscriverlo per non restare fuori dai “giochi”.
Sicuramente è arrogante perché le organizzazioni maggiori sembrano, ormai, aver interiorizzato a tal punto il privilegio e la convinzione di poter fare da sé, da ritenere di poter esercitare  il loro ruolo non solo al di fuori, ma anche al di sopra, delle leggi dello Stato e della stessa Costituzione; altrettanto sicuramente essa appare ingenua perché, probabilmente, le parti dell’accordo ritenute, proprio dai firmatari dell’intesa, più significative  si rivelino, alla fine, anche le più inapplicabili.
Siamo, insomma, di fronte ad una incredibile commistione di approssimazione e di autoreferenzialità che giunge a considerare la libertà di organizzazione sindacale, così come sancita dall’art. 39 della Costituzione, come un principio astratto, impossibilitato ad evolvere compiutamente in un “diritto sindacale” effettivamente esercitabile, da tutti, all’interno dell’impresa.
Ciò in virtù del fatto che, come è noto, il diritto sindacale non può esaurirsi nel semplice riconoscimento del momento associativo ma, per essere effettivo, deve, necessariamente, espandersi sino a consentire l’attivazione efficace di quei diritti (primo fra tutti quello alla contrattazione) in grado di rendere concreta e reale l’azione sindacale nel luogo di lavoro.
Peraltro l’ostacolo a tale diritto potrebbe, ancora oggi, essere sanzionato dal ricorso all’art.28 della legge 300/70 (attività antisindacale) poiché la libertà sindacale  è finalizzata a superare lo squilibrio contrattuale tra prestatore e datore di lavoro senza prevedere limiti numerici (come, del resto, sancisce anche lo statuto dei lavoratori che ha eliminato, da tempo, il concetto di maggiore rappresentatività sostituendolo con il concetto, più ampio e diverso, di rappresentatività comparata).
Tale visione concorre, a nostro avviso, al disegno di realizzare una uguaglianza sostanziale dei cittadini prevista dalla nostra carta costituzionale  e consente di sottolineare che il nostro  ordinamento legislativo in materia di lavoro realizza un vero e proprio sostegno all’attività sindacale nei luoghi di lavoro considerandola un valore positivo che può contribuire, anche, ad una visione imprenditoriale più ampia e matura che può far evolvere positivamente l’intero sistema.
Diversamente porre all’attività sindacale i limiti che pone l’attuale intesa sulla rappresentanza rischia di ridurre la stessa incisività dello Statuto dei Lavoratori
riducendo il sistema di diritti la cui estensione serve, invece, a rafforzare il sindacato come forma istituzionale e di autotutela, attribuendogli prerogative volte a valorizzare il momento collettivo rispetto all’esercizio individuale delle libertà.
Per questa ragione potremmo definire l’intesa raggiunta una intesa consociativa in quanto frutto esclusivo di accomodamenti e compromessi patologici fra le diverse organizzazioni sindacali nella speranza di controbilanciare i conflitti che continuano ad esistere in una società sempre più complessa ed articolata.
A lungo andare, peraltro, tali comportamenti hanno fatto sì che il “sistema sindacale” abbia sempre meno ricambi, isterilendosi sempre più e degenerando progressivamente verso un sistema “autoritario” capace, prevalentemente, di produrre alterazioni profonde, strutturali e non episodiche del sistema sindacale.
Ad una degenerazione di questo tipo ci stiamo progressivamente avvicinando in particolare se si continua a perseguire l’emarginazione dal circuito contrattuale di quelle parti, ormai significative, del mondo del lavoro che non si riconoscono più in Cgil, Cisl e Uil ma che hanno, ugualmente, diritto ad essere rappresentate.
Come è possibile, ci chiediamo, che un sindacato che dovrebbe fare della democrazia, della partecipazione, della capacità di unire, le sue parole d’ordine divenga, quasi senza colpo ferire, un sindacato che divide, che ostacola la partecipazione, un sindacato che, cessando di essere uno strumento dei lavoratori, divenga un qualcosa di sempre più autoritario ed antidemocratico ?





Fismic Confsal Roma    

lunedì 28 settembre 2015

e vissero tutti...

Fismic Confsal Roma Via F. Luscino 114/116
Fax Tiscali 1782706428 Fax Tel 06 45427106


E si finsero felici e contenti !
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una iniziativa unilaterale della Fiom che, senza alcun preavviso, ha avviato la procedura per il rinnovo delle RSU Capgemini Italia di Roma.
Come al solito l’ha fatto gettando fango su chi si è assunto l’onere di rinnovare quel contratto aziendale che l’azienda aveva, altrettanto unilateralmente, disdettato.
Senza tale atto i lavoratori e le lavoratrici della Capgemini Italia avrebbero avuto, ancora oggi, trattamenti di poco superiori al solo contratto nazionale.
Invece evitando, ancora una volta, di assumere quella responsabilità che compete ad un sindacato moderno ha deciso di gettare fango sugli altri e di proclamare ai posteri la loro “irriducibilità”. 
Così fingendo, anche con se stessi, di essere felici e contenti, distribuiscono responsabilità e colpe a destra e a manca ignorando, volutamente, che chi ha l’abitudine di parlare male del prossimo mostra, spesso, di non saper guardare ai propri evidenti difetti.
A dimostrazione di ciò evidenziamo, nuovamente, il fatto che essi hanno, sempre, accuratamente evitato di rispondere a chi gli chiedeva conto delle loro posizioni.
Come in un racconto senza eroi, nella loro profonda vanità, tornano a chiedere il voto ai lavoratori ed alle lavoratrici  della Capgemini di Roma senza, anche questa volta, indicare né perché né per cosa.
Siamo, nuovamente, al paradosso. Chi non firma alcun accordo (né nazionale né aziendale) fa bella mostra della sua inutilità e del suo estremismo fingendosi, però, talmente felice e contento da ritenere di poter continuare ad ingannare, impunemente, i lavoratori.


Roma 28.09.2015                                               Fismic Confsal Nazionale


domenica 20 settembre 2015

Convocazione Direttivo FISMIC CONFSAL del 23 Settembre 2015


Roma via Fabrizio Luscino 114/116 Tel 06 76906036 – fax 06 76983379 e-mail: sederoma@fismicroma.it

CONVOCAZIONE COMITATO DIRETTIVO FISMIC CONFSAL ROMA
Abbiamo deciso di convocare, in data 23 settembre, una riunione del nostro comitato direttivo allargata, come al solito, ai componenti Fismic delle RSU anche se non componenti del comitato direttivo (i quali per partecipare dovranno richiedere apposito permesso sindacale).
L’ordine del giorno della riunione sarà relativo alla presentazione e discussione del programma di lavoro che intendiamo sviluppare dopo la pausa estiva.
Presenteremo inoltre l’ipotesi di piattaforma per il rinnovo del CCNL di categoria.
La relazione introduttiva dei lavori del comitato direttivo sarà di Silvio Battistini.
I lavori inizieranno alle ore 9.00 e, se saremo puntuali, termineranno intorno alle ore 13.00 circa
La riunione si terrà  presso l’Hotel Petra che è situato in via Sante Vandi 100 (zona Romanina) per raggiungere il quale vi forniamo, di seguito, le indicazioni logistiche necessarie.
Roma 16.09.2015                                                                    Fismic Confsal Roma

Alcune indicazioni logistiche
In auto venendo da nord
Uscire dal casello di Roma Nord. Proseguendo dopo il casello per circa dieci kilometri si arriverà all'imbocco del Grande Raccordo Anulare. Qui prendere direzione Napoli. Proseguire fino all'uscita numero 20.Qui uscire dal G.R.A. seguendo le indicazioni per USCITA 20 - La Romanina. Proseguire per 2,5 kilometri seguendo sempre le indicazioni per La Romanina. Si arriverà così ad una rotatoria alla quale bisogna proseguire ancora dritti per Viale Luigi Schiavonetti. 500 metri dopo la rotatoria, sulla destra c'è Via Sante Vandi. Prendere per questa via, percorrere ancora 300 metri. Siete arrivati. 

In auto venendo da sud 
Qui uscire dal G.R.A. seguendo le indicazioni per USCITA 20 - La Romanina. Proseguire per 2,5 kilometri seguendo sempre le indicazioni per La Romanina. Si arriverà così ad una rotatoria alla quale bisogna proseguire ancora dritti per Viale Luigi Schiavonetti. 500 metri dopo la rotatoria, sulla destra c'è Via Sante Vandi. Prendere per questa via, percorrere ancora 300 metri. Siete arrivati.


In auto dal centro di Roma 
Considerare che il Petra Hotel si trova a Roma sud-est. Pertanto, se ci si trova in macchina in una qualsiasi parte del centro-sud della città è consigliabili dirigersi verso il GRA direzione Appia, Tuscolana, Casilina. Appena si ha la possibilità, prendere il Grande Raccordo Anulare e dirigersi verso l'uscita numero 20, La Romanina. 
Qui uscire dal G.R.A. seguendo le indicazioni per USCITA 20 - La Romanina. Proseguire per 2,5 kilometri seguendo sempre le indicazioni per La Romanina. Si arriverà così ad una rotatoria alla quale bisogna proseguire ancora dritti per Viale Luigi Schiavonetti. 500 metri dopo la rotatoria, sulla destra c'è Via Sante Vandi. Prendere per questa via, percorrere ancora 300 metri. Siete arrivati.

Arrivare al Petra Hotel con la metro
Da qualsiasi parte di Roma ci si trovi, per giungere all'Petra Hotel è necessario arrivare alla METRO A. Prenderla in direzione 'ANAGNINA' e scendere proprio a questo terminal, Anagnina. Da qui, saliti in superficie, prendere il bus pubblico dell' Atac 046. Scendere in Via Schiavonetti, in prossimità di Via Sante Vandi. Il percorso dell'autobus 046 dura circa dieci minuti. 



mercoledì 1 luglio 2015

Come un Battito d'ali...


Come un battito d’ali. Il fallimento della burocrazia.
Di Neroltreoceano

Qual è la relazione che intercorre fra i recentissimi attentati, quasi contemporanei, una straordinaria moltitudine di migranti in viaggio per l’Italia e  la grande folla radunata questa sera nella grande piazza di Syntagma, ad Atene?

E’ come il battito d’ali di una farfalla in un “sistema chiuso” e complesso, di tipo  deterministico.

Ma cosa significa? Nella teoria del caos, non è ipotizzabile che un evento accada in un  sistema dato  senza determinare effetti specifici, per quanto l’evento stesso possa sembrare piccolo o insignificante.

E’ avvenuto proprio questo. Una serie di eventi clamorosamente importanti, che hanno avuto reazioni a catena su tutto il sistema.

La nascita di ISIS, quale “iperstato” multinazionale, non può essere certo sfuggito di mano casualmente, in un mondo in cui attraverso i satelliti e la rete è possibile monitorare qualunque flusso informativo. Quali sono gli interessi reali sottesi a questo iperstato? CHI ci sta guadagnando, ora?

Come pure appare strano che nel corso di questi anni nessuno si fosse accorto dei reali bilanci greci... Davvero nessun burocrate si era accorto, ad esempio, che l’IVA al 6% sulle isole greche magari era un po’ bassina rispetto al resto del contesto europeo? O che ad esempio, tutto l’ICT del mondo si sta spostando in Irlanda? Con quali agevolazioni?

E cosa dire del flusso di migranti che da quasi vent’anni sbarca sulle nostre coste? Come si può, vent’anni dopo, parlare ancora di emergenza?

Nella “Pragmatica della Comunicazione Umana”, anche il silenzio è comunicazione.

Il silenzio della burocrazia del vecchio continente grida il dolore di famiglie intere ridotte alla fame. Una burocrazia, questa, troppo impegnata nel decretare la svendita degli ultimi beni di consumo tipicamente europei, quelli alimentari (introducendo il latte in polvere nei formaggi, o il caramello nell’aceto balsamico, ecc.). Un silenzio nichilista e devastante, che amplifica i suoi effetti ovunque non intervenga.

Un’Europa che non vede 40.000 persone che sbarcano sulle proprie coste, è un’Europa miope, che non riconosce i danni del proprio intervento sul nordafrica.
Un’Europa che pone la materia fiscale come motivo di concorrenza fra gli Stati che la compongono, non potrà essere mai unita.
Un’Europa che non protegge la speculazione sui debiti sovrani, che ha consentito la ricchezza degli uni ai danni degli altri, non può poi chiedere semplicemente il rientro dal debito.
CHI erano (o sono) gli speculatori? Quali banche d’investimento hanno stracciato i titoli di stato di alcuni, particolari, Paesi Europei?

Il Fondo Monetario Internazionale era nato quale strumento di ricostruzione e sviluppo, affinché non si ripresentassero mai più le condizioni che hanno portato alla seconda guerra mondiale. Peccato che il suo ruolo si sia via via trasformato in strumento regolatore per l’applicazione di politiche neoliberiste su scala mondiale, contribuendo così al distacco tra l’economia reale ed il mondo finanziario.
Un prestito in cambio di libere riforme strutturali. Un nuovo concetto di mercato libero, imposto.
Del resto, le valutazioni economiche delle nazioni vengono effettuate da Agenzie controllate da imprese azioniste, a loro volta quotate in borsa. Ed i modelli matematici applicati hanno dimostrato tutti i loro limiti, come il teorema di Modigliani-Miller, attraverso il quale non è stato possibile intercettare l’imminente fallimento di Lehman brothers.

Per molti, sono solo numeri. Per altri, vite.

Di nuovo l’Europa si trova di fronte ad uno scenario che essa stessa ha creato, accettando condizioni vessatorie da parte di organismi terzi che hanno interesse soltanto al controllo di quel mercato che dichiarano di volere libero.

E’ dalle civiltà classiche che è nata la democrazia. Se un “Syntagma” è un elemento strutturale di una frase, piazza Syntagma potrà essere la “pietra angolare” della nascita o della morte degli Stati Uniti d’Europa.


Purché questo silenzio assordante venga interrotto.  

domenica 21 giugno 2015

Benvenuti

prima di tutto, benvenuti

Questo primo "post" apre un nuovo percorso di comunicazione della Fismic Confsal di Roma, attraverso strumenti di comunicazione 2.0. Il Blog FISMIC ROMA NEWS mi è sembrato dunque lo strumento inclusivo che potesse dare voce alla nostra struttura, e a tutti quei lavoratori che volessero contribuire al nostro progetto sindacale.

Ma chi è, veramente, la FISMIC? un po' di storia..

La FISMIC è un'organizzazione sindacale autonoma che rappresenta i lavoratori dipendenti dell'industria e dei servizi, i pensionati, i disoccupati ed i precari. Nasce negli anni '50 nel Nord Ovest del Paese, a seguito di una scissione dalla CISL, che interessò tutti i componenti delle Commissioni Interne dei lavoratori della FIAT a Torino ed alcuni importanti dirigenti sindacali di quel sindacato. La disputa che provocò la scissione e la nascita del sindacato autonomo, fu una diversa visione del modo di sviluppare la contrattazione e, quindi, di fare attività sindacale per meglio tutelare gli interessi e i diritti dei lavoratori. Infatti, mentre la CISL marciava a tappe forzate verso un modello contrattuale che aveva nel Contratto Nazionale di Lavoro il perno dell'azione sindacale, coloro che formavano il nucleo centrale di quella che sarebbe divenuta col tempo la FISMIC, affermavano che era la contrattazione in azienda il perno della contrattazione, vicino ai lavoratori e vicino al luogo dove si produce la ricchezza.

La FISMIC (denominata allora Liberi Lavoratori Democratici, poi SIDA) uscì dalla CISL, avendo l'adesione quasi totalitaria di tutti i componenti della FIM-CISL della provincia di Torino e ricevendo consensi importantissimi nelle elezioni delle Commissioni Interne da parte dei lavoratori.Venne anche riconosciuta per anni dall'Internazionale Cristiana dei Sindacati ed esercitò un ruolo sindacale di primo piano non solo nell'industria metalmeccanica, ma anche in altri settori.


Oggi la FISMIC è profondamente trasformata: firma i rinnovi contrattuali dei metalmeccanici, dei chimici e dei lavoratori in somministrazione, ha una federazione dei lavoratori delle Telecomunicazioni (FILCOM), del commercio (FILC) e dei lavoratori in somministrazione (SALA); è presente in quasi tutte le regioni del Paese, ed è universalmente riconosciuta come quarto sindacato nel principale settore dell'industria, i metalmeccanici. 
Inoltre la FISMIC è nel campo della Formazione Professionale, attraverso la Fondazione Mentore.FISMIC ricava la sua forza oltre che dall'organizzazione dei lavoratori in attività, dai pensionati e dai disoccupati e parzialmente occupati.
In tutti questi anni la FISMIC ha mantenuto la caratteristica di essere un sindacato dei lavoratori autonomo e libero da ogni forma di appartenenza politica; non ha nessun legame confederale organico, anche se mantiene dei rapporti molto stretti con la CONFSAL, il principale dei sindacati autonomi del Paese ed il quarto sindacato confederale.                                                                     

Silvio Battistini