lunedì 5 ottobre 2015

Accordo Storico?


Una intesa storica?

Tutt’altro che storico appare l’accordo sulla rappresentanza sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confsal con Confindustria.
Esso ci sembra, più che altro, un accordo che lascia allibiti per gli effetti devastanti che può produrre e per la leggerezza con la quale sembra essere stato stipulato.
Questo accordo mostra, in modo fin troppo evidente, che ancora una volta Cgil, Cisl e Uil hanno avuto paura del pluralismo e, in ultima analisi, proprio di quella parte del dettato costituzionale (art. 39) che consente ad ogni lavoratore di farsi rappresentare, con efficacia, da chi vuole.
L’organizzazione sindacale – dice la Costituzione - è libera e ad essa “non può essere imposto altro obbligo se non la sua registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”.
Invece con questo accordo Cgil, Cisl, Uil tentano, nuovamente, di esibire una concezione proprietaria della rappresentanza e della contrattazione collettiva che non sappiamo se definire più arrogante o ingenua; sicuramente esso è tale da costringere altri (p.e. Ugl e Confsal) a sottoscriverlo per non restare fuori dai “giochi”.
Sicuramente è arrogante perché le organizzazioni maggiori sembrano, ormai, aver interiorizzato a tal punto il privilegio e la convinzione di poter fare da sé, da ritenere di poter esercitare  il loro ruolo non solo al di fuori, ma anche al di sopra, delle leggi dello Stato e della stessa Costituzione; altrettanto sicuramente essa appare ingenua perché, probabilmente, le parti dell’accordo ritenute, proprio dai firmatari dell’intesa, più significative  si rivelino, alla fine, anche le più inapplicabili.
Siamo, insomma, di fronte ad una incredibile commistione di approssimazione e di autoreferenzialità che giunge a considerare la libertà di organizzazione sindacale, così come sancita dall’art. 39 della Costituzione, come un principio astratto, impossibilitato ad evolvere compiutamente in un “diritto sindacale” effettivamente esercitabile, da tutti, all’interno dell’impresa.
Ciò in virtù del fatto che, come è noto, il diritto sindacale non può esaurirsi nel semplice riconoscimento del momento associativo ma, per essere effettivo, deve, necessariamente, espandersi sino a consentire l’attivazione efficace di quei diritti (primo fra tutti quello alla contrattazione) in grado di rendere concreta e reale l’azione sindacale nel luogo di lavoro.
Peraltro l’ostacolo a tale diritto potrebbe, ancora oggi, essere sanzionato dal ricorso all’art.28 della legge 300/70 (attività antisindacale) poiché la libertà sindacale  è finalizzata a superare lo squilibrio contrattuale tra prestatore e datore di lavoro senza prevedere limiti numerici (come, del resto, sancisce anche lo statuto dei lavoratori che ha eliminato, da tempo, il concetto di maggiore rappresentatività sostituendolo con il concetto, più ampio e diverso, di rappresentatività comparata).
Tale visione concorre, a nostro avviso, al disegno di realizzare una uguaglianza sostanziale dei cittadini prevista dalla nostra carta costituzionale  e consente di sottolineare che il nostro  ordinamento legislativo in materia di lavoro realizza un vero e proprio sostegno all’attività sindacale nei luoghi di lavoro considerandola un valore positivo che può contribuire, anche, ad una visione imprenditoriale più ampia e matura che può far evolvere positivamente l’intero sistema.
Diversamente porre all’attività sindacale i limiti che pone l’attuale intesa sulla rappresentanza rischia di ridurre la stessa incisività dello Statuto dei Lavoratori
riducendo il sistema di diritti la cui estensione serve, invece, a rafforzare il sindacato come forma istituzionale e di autotutela, attribuendogli prerogative volte a valorizzare il momento collettivo rispetto all’esercizio individuale delle libertà.
Per questa ragione potremmo definire l’intesa raggiunta una intesa consociativa in quanto frutto esclusivo di accomodamenti e compromessi patologici fra le diverse organizzazioni sindacali nella speranza di controbilanciare i conflitti che continuano ad esistere in una società sempre più complessa ed articolata.
A lungo andare, peraltro, tali comportamenti hanno fatto sì che il “sistema sindacale” abbia sempre meno ricambi, isterilendosi sempre più e degenerando progressivamente verso un sistema “autoritario” capace, prevalentemente, di produrre alterazioni profonde, strutturali e non episodiche del sistema sindacale.
Ad una degenerazione di questo tipo ci stiamo progressivamente avvicinando in particolare se si continua a perseguire l’emarginazione dal circuito contrattuale di quelle parti, ormai significative, del mondo del lavoro che non si riconoscono più in Cgil, Cisl e Uil ma che hanno, ugualmente, diritto ad essere rappresentate.
Come è possibile, ci chiediamo, che un sindacato che dovrebbe fare della democrazia, della partecipazione, della capacità di unire, le sue parole d’ordine divenga, quasi senza colpo ferire, un sindacato che divide, che ostacola la partecipazione, un sindacato che, cessando di essere uno strumento dei lavoratori, divenga un qualcosa di sempre più autoritario ed antidemocratico ?





Fismic Confsal Roma    

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